PALMI – Nuova udienza del processo per il delitto di Fabrizio Pioli, questa mattina in aula bunker a Palmi.
A rispondere alle domande del pubblico ministero che sostiene l’accusa, Giulia Pantano, il tenente dei carabinieri Gianluca Ceccagnoli, comandante del nucleo operativo di Gioia Tauro.
Erano presenti in aula i quattro imputati, Antonio, Domenico, Francesco e Rosina Napoli, accusati a vario titolo di concorso in omicidio ed occultamento del cadavere di Fabrizio Pioli.
Ceccagnoli, sollecitato dal magistrato Pantano, ha ricostruito le primissime ore della scomparsa di Fabrizio Pioli e l’avvio delle indagini, iniziate come attività volte al ritrovamento di un giovane scomparso, divenute solo in un secondo momento indagini utili al ritrovamento del corpo di quel giovane scomparso.
Ceccagnoli si è occupato per intero della vicenda della scomparsa di Fabrizio Pioli; «l’attività investigativa – ha raccontato Ceccagnoli – è partita intorno alle 20 del 23 febbraio del 2012, quando abbiamo appreso che da Melicucco era scomparso un ragazzo di Gioia Tauro. L’indagine infatti, all’inizio era tutta rivolta al ritrovamento di uno scomparso, e di fatti così abbiamo proceduto».
Proprio mentre si cerca Fabrizio, senza però capire bene dove cercarlo, i carabinieri di Marina di Gioiosa contattano i militari di Melicucco: Simona Napoli, una ragazza del piccolo centro della Piana, era stata lì a denunciare quanto era accaduto quella mattina del 23 febbraio.
Simona ha riferito di aver visto il padre, Antonio Napoli, parlare animatamente con Fabrizio Pioli, allo svincolo di Melicucco; sulla scena del litigio stava arrivando intanto anche il fratello di Simona, Domenico, a bordo della sua auto.
A quel punto la ricerca dei carabinieri di Gioia Tauro inizia a prendere forma: i Napoli potrebbero avere qualche responsabilità nella scomparsa di Fabrizio Pioli.
«Il comandante della stazione di Melicucco, Scuderi – prosegue Ceccagnoli – va a casa dei Napoli, persone che conosce, per cercare di acquisire quante più informazioni possibili sulla vicenda. Domenico, fratello di Simona, viene portato in caserma a Gioia Tauro, per essere sentito, e nel frattempo rimangono vivi i contatti con la stazione dei carabinieri di Marina di Gioiosa, dove Simona Napoli si trovava per la denuncia».
Intanto, il giorno dopo, Antonio Pioli, padre di Fabrizio, denuncia la scomparsa del figlio, che però era stata comunicata informalmente il giorno prima.
Ceccagnoli, a quel punto, si concentra sulle figure di Simona e della madre Rosina e riferisce di un dialogo captato in caserma a Gioia Tauro, nel corso del quale Simona dice alla madre di aver visto il padre litigare con Fabrizio, e la madre cerca di dissuaderla.
E c’è poi un’altra immagine “chiave” per gli inquirenti, che Ceccagnoli descrive aiutandosi con il linguaggio dei gesti: «Simona è sposata con Vincenzo Curinga, un uomo che vive vicino Como e che giunge in Calabria di fretta, appena sa dell’accaduto. In caserma viene ripreso mentre parla a voce bassa con il fratello di Simona, Domenico, e con la mano sinistra fa un gesto inequivocabile, una “L” simbolo della pistola».
Domenico Napoli poi si sarebbe tradito per quelle frasi dette sotto voce: «a sparari nci fu puru», «iu u cercanu u terrenu pi mu iettanu» e «avanzi a iddhi nui eramu». Frasi che per l’accusa sono inequivocabili e servirebbero a provare il coinvolgimento dei Napoli nella morte di Pioli.
La deposizione di Ceccagnoli si è quindi spostata su Simona Napoli e sulla sua collaborazione, interrotta dopo l’arresto della madre Rosina e la sua permanenza nel programma di protezione dal quale è uscita per poi rientrare dopo qualche tempo.
redinq