La vicenda della rimozione del commissario Cotticelli, nota a tutti anche per i tratti di fanciullesca ingenuità con cui si è manifestata, induce molti a reazioni indignate e talvolta rabbiose ma, pur se comprensibili, sicuramente inutili. |
La Calabria, soprattutto in alcune specifiche aree, è la terra dei diritti negati: la cappa opprimente della criminalità organizzata, le ripetute violazioni sui diritti dei lavoratori e un apparato burocratico che – con meritorie eccezioni –confonde il fine con il mezzo e infonde nei cittadini un odioso atteggiamento di timore reverenziale, costituiscono una miscela letale.
La consuetudine produce l’abitudine e ci dobbiamo imporre di non trasformare l’abitudine in rassegnata assuefazione.
La salute è un diritto ma anche un dovere. Rivendicarlo in maniera concreta e sostenibile è un obbligo politico e morale che deve animare la coscienza collettiva per riconquistare anche quei diritti fondamentali che ci vengono scippati in nome della paura e del clientelismo.
Non posso accettare di vivere – e veder vivere la nostra gente – in un contesto che limita le libertà universali come la facoltà di espressione, di autodeterminazione e purtroppo, spesso, anche di pensiero.
Sia la battaglia per una sanità giusta la leva per reclamare la dignità perduta di uomini e donne; sia la lotta per il diritto alla salute l’occasione per esigere rispetto e pretendere pari opportunità superando, ora e per sempre, la maledizione di un sud non ancora nord.
Ma non può essere la nomina di un ennesimo commissario la soluzione a tutto questo!
E’ necessaria una riconciliazione storica che consenta una ripartenza dall’anno zero per rifondare su basi nuove e trasparenti il sistema sanitario, baluardo nobile e fondante di un nuovo patto sociale.
Accertiamo le responsabilità, facciamo chiarezza e azzeriamo, però, questo debito dall’ammontare incerto che condiziona e impedisce ogni ipotesi di risanamento.
Aziende Sanitarie Provinciali che non sono in grado di quantificare la massa passiva, che pagano più volte una stessa fattura, che erogano stipendi a dipendenti in carcere per omicidio e che non conoscono la reale condizione amministrativa dell’Ente non possono, per definizione, mutare il proprio status di pachiderma che mangia se stesso.
Un pensiero ai medici e paramedici che sono costretti a lavorare in strutture vetuste e fatiscenti, eroi in corsia che grazie alla loro competenza e alla carica umana rendono più sopportabili ricoveri da terzo mondo.
Un pensiero a Franco Fortugno, ucciso per aver ostinatamente tentato di rimuovere il cancro mafioso dal sistema sanitario.
È un imperativo morale far sì che tutte le vittime innocenti non siano morte invano.
Oggi è il momento della protesta di piazza e dell’indignazione social, domani le istituzioni sono chiamate a un’azione risolutiva non più differibile.
Altrimenti ammazzateci tutti.