Il risultato elettorale del 12 giugno è chiarissimo. Le ragioni della mia sconfitta sono numerose e andrebbero, se necessario, analizzate meglio più avanti. Oggi prendo atto di non essere più, se mai davvero lo sono stato, in consonanza con il ventre profondo di questa città. Cinque anni di opposizione in Consiglio comunale sono stati sanzionati come superflui o forse anche come dannosi. Le battaglie, come quella che ha scongiurato l’inquinamento della sorgente d’acqua del Vina, non hanno trovato altro riconoscimento che il beffardo plauso degli avversari.
Palmi, così temo, potrà ora correre libera verso il definitivo declino, l’impoverimento demografico ed economico, l’ulteriore sfregio del patrimonio paesaggistico, il sacco delle sempre più scarse risorse pubbliche. Sono le conseguenze inevitabili di una politica che produce una classe dirigente inadeguata e accelera il divario con il resto d’Italia. Avevo polemizzato con Corrado Augias per la sua affermazione: “Io ho il sentimento che la Calabria sia irrecuperabile”.
Oggi non sono più così sicuro nel dargli torto.
La Calabria non è più recuperabile, almeno non lo è nell’orizzonte del mio tempo possibile. I ceti produttivi calabresi, se così si possono chiamare, chiedono soltanto di essere lasciati liberi di operare al di fuori di ogni regola e di ogni controllo, manifestano un diffuso desiderio di impunità, la voglia di spezzare il laccio insopportabile della residua legalità. Chi può abbandona una terra sempre più avara con chi è giovane o non si adatta a piegare il capo a comando. Non è un alibi per il mio fallimento, è la prova della mia sconfitta, dell’inutilità della mia battaglia politica in un contesto nel quale la cultura clientelare è così capillare da scoraggiare ogni iniziativa fondata su idee e su programmi. Abbandono, perciò, la politica in regione e la regione come dimora abituale ma lascio anche qualcosa che spero non vada dispersa, la memoria dei partigiani calabresi caduti nella guerra di Liberazione, una piccola minoranza di giovanissimi eroi che ho recuperato dall’oblio della cattiva e ignorante coscienza di un paese che non ha ancora capito cosa sia stato il fascismo, travisandolo per un’opzione politica al pari delle altre.
Soffro solo per quelle poche decine di persone leali e coraggiose con le quali ho vissuto questa decennale esperienza politica e questa conclusiva battaglia elettorale. A loro va il mio saluto immensamente grato, la mia infinita riconoscenza.
Pino Ippolito Armino