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Glock 21 si difende: «La musica è arte»

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«La musica è arte, in ogni sua forma e contenuto, anche quello apparentemente più inutile, e fin quando ci sarà arte ci sarà cultura e stimolo alla crescita ed alla reazione. Ognuno faccia la propria parte, io continuerò a fare la mia».

Si difende con queste parole dagli attacchi subiti negli ultimi giorni Domenico Bellocco in arte Glock 21, il trapper di Rosarno che sta facendo parlare di sé dopo il lancio della canzone “Numeri uno”.

Il video è stato girato nella città medmea, in cui è ambientato.

La Trap

Mettiamo subito una cosa in chiaro: Glock 21, che è anche il modello di una pistola utilizzata dalla criminalità organizzata per commettere omicidi.

Canta la trap music, un genere che per sua natura tratta i temi della vita in strada tra disagio, criminalità, violenza, povertà, spaccio e le dure esperienze vissute dall’artista che lo interpreta.

Lo fa da sempre, da quando, negli anni ’90, si chiamava southern hip-hop e successivamente hip-hop, genere scelto da artisti quali Jay-Z, Lana Del Rey, Lil Wyne, Waka Flocka Flame, artisti che riempiono gli stadi.

Ma se la trap music la canta un ragazzo che di cognome fa Bellocco e viene da Rosarno, città della Piana spesso purtroppo nota per tanti episodi di cronaca, allora tutto diventa un problema, un grosso problema.

Mi chiamo Bellocco, non sono un criminale

«Il mio cognome è Bellocco – spiega Glock 21 – ma non sono mai stato inserito in alcun contesto criminale, in maniera diretta o indiretta.

Non ho rapporti di alcuna natura con i soggetti a cui sono stato accostato, di cui in verità disconoscevo addirittura l’esistenza prima d’ora, e non ho inteso inneggiare alle loro gesta, né celebrare alcun tipo di avvenimento o anniversario».

Il testo della canzone è forte, ma è così che deve essere, perché è il genere che lo impone.

Nel video si vedono ragazzi e ragazze con grosse collane, beretti in testa, pellicce, macchinoni, scarpe e cinture firmate e sigaretta in bocca.

Gli attori del video

Chi sono? Semplici ragazzi di Rosarno e dintorni, amici di Glock 21 che hanno accettato di recitare gratuitamente per permettere l’uscita della videoclip.

«Io e i ragazzi del video che hanno prestato i loro volti, a titolo di cortesia e per consentirmi di realizzare il progetto musicale, siamo stati etichettati quali inneggiatori di delinquenza, mafiosi in erba ed emarginati della società – spiega Glock 21 – quando in realtà avevamo solo in animo di lanciare un video musicale di denuncia e protesta.

Quei ragazzi che hanno prestato i loro volti sono stati attaccati duramente e senza pietà in ogni sede e in ogni dove; non hanno alcuna colpa che quella di aver recitato in un video.

Se avessi avuto disponibilità economiche avrei ingaggiato attori ma, non avendole, ho ottenuto il loro favore di recitare per me nel video.

Sono tutti dei ragazzi che hanno la propria vita, alcuni frequentano le scuole e non hanno inteso, al mio pari, inneggiare alla violenza o al vivere illecito».

Le reazioni

Intanto, però, Domenico Bellocco ha fatto infuriare mezza amministrazione comunale di Rosarno e, contemporaneamente, ha fatto parlare di sé anche i media nazionali, a cui il trinomio Bellocco- Rosarno- Glock21 proprio non convince.

Perché, scrive il giornalista Lirio Abbate su L’Espresso, «la passione per le canzoni di Domenico Bellocco, alias Glock 21, è una tradizione di famiglia, non perché cantanti – è escluso questo termine con il quale si intende nella malavita chi collabora con la giustizia – ma perché lo zio e il nonno componevano canzoni a favore della ‘ndrangheta e contro i carabinieri che arrestavano i boss in latitanza.

In alcune intercettazioni di vecchie indagini il mafioso Domenico Sibio, cantava al figlio piccolo una canzone composta da Gregorio Bellocco, inteso “Lupo solitario” durante la sua latitanza a cui aveva dato il titolo “u bunker”.

La melodia calabrese è incisa sui nastri delle intercettazioni della procura distrettuale antimafia.

Le parole del testo erano stata ispirate a Bellocco da avvenimenti realmente accaduti in cui i carabinieri del Ros avevano arrestato ricercati dentro un nascondiglio segreto. Da qui “u bunker”.

Ieri c’erano i cantanti melodici che lanciavano messaggi e raccontavano dei fatti criminali a difesa dei criminali, oggi assistiamo a una evoluzione nel linguaggio di chi sa parlare alla pancia dei criminali e lo fa con un nuovo mood musicale».



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