Un congresso tutt’altro che ecumenico ed unificante quello tenuto dal circolo del Partito Democratico svoltosi in un clima politico roventissimo infarcito di accuse e veleni sottesi, presentazioni di candidature last-minute condite da minacce di ricorsi per vizi di forma e clamorose ritirate tattiche.
Non si è certo annoiato il garante Sebi Romeo, incaricato dalla direzione provinciale di curare le formalità congressuali, che però, con fare sereno ma fermo, ha confutato ogni contestazione appoggiandosi agli articoli del regolamento come pietra angolare per una discussione surreale che, a tratti, è sembrata sfociare in una vera e propria crisi di nervi tra “vecchia” e “nuova” guardia in aperta prova di forza tra loro. E di tentativi di accordi – che seppur mediati ed in separata sede, ci sono infruttuosamente stati, come ammesso dallo stesso Romeo – neanche a parlarne.
Sul tavolo, due le candidature in lizza: quella di Marco Policaro, ex sindaco a cui ancora (e pure) da questa sponda (politica) mal si perdona l’abiura a Tripodi, e quella del militante decano Renato Fida, sindacalista, che, sostenuto dalla spinta correntizia facente riferimento alle energie dell’ex sindaco Giovanni Laruffa, ha sin da subito avanzato contestazioni in merito alle convocazioni, presuntamente mancate, di alcuni tesserati ed al supposto ostruzionismo tramutato nell’impossibilità di avere anzitempo gli elenchi ufficiali degli iscritti aventi diritto al voto.
Per queste ed altre ragioni, Fida, dopo aver presentato ufficialmente la propria candidatura al garante, sottoscritta peraltro da un sufficiente numero di firme, ha contestato con un intervento durissimo l’assise, la linea politica dettata Nicola Irto – ritenuto “divisivo” – cestinando i propositi di rigenerazione auspicata dallo stesso segretario regionale e praticamente azzerando, in un colpo solo, le possibilità di dialogo e confronto interno chiedendo, in aggiunta, l’annullamento del congresso cittadino e relative procedure di voto (che, tuttavia, con la sua stessa presenza e sottoscritta candidatura ha contribuito ad avallare) brandendo la minaccia di ricorsi alle commissioni di garanzia regionale e nazionale del partito. Una “ammuina” insomma, come direbbero a Napoli, rinfocolata dagli altrettanto aspri interventi dei fratelli Cesare – che si è spinto a parlare del partito come “un comitato d’affari” -, Silvio – puntiglioso sulla segretezza della lista dei votanti – e, soprattutto, Giovanni Laruffa che, con un intervento tecno-politico – col quale ha dapprima avvalorato l’assemblea offrendo un distensivo «la nostra presenza qui sana la questione» (delle convocazioni, ndr) – ha cercato di puntellare la narrazione sulla sezione di Polistena da lui stesso definita “drammatica” e della quale «mi assumo integralmente la responsabilità, ma tutti gli altri dov’erano?» si è chiesto mentre, duellando a colpi di regolamento, tentava di stoppare la candidatura a segretario di Policaro ché «rischia di rafforzare i nostri avversari politici, santificando le amministrazioni Tripodi» riportando il dibattito nell’alveo di un «errore politico» da evitare, avanzando, come contropartita, la suggestione di una futura designazione a candidato a sindaco, nel 2026.
Un muro di obiezioni sgretolato però dal cipiglio regolamentare di Romeo che ha cassato una ad una, e prima con un endorsement a Policaro e Giancotta, tutte le eccezioni preliminari addotte provando a rasserenare gli animi per agevolare la successiva fase di voto. Decisione che ha di fatto provocato la repentina impennata della temperatura di una insofferenza già al limite che, dando la stura al malcontento neanche malcelato di Fida ed i suoi ne ha prodotto l’abbandono anticipato, polemico ed in massa del seggio certificando la spaccatura della minoranza intranea al neonato (rinato o mal nato, a seconda dei punti di vista) circolo polistenese (geneticamente incapace di abbandonare il fiume carsico delle boriose correnti interne e marchio di fabbrica di un partito votato, dalla base all’apice, all’autofustigazione perpetua) con un comunicato pronto all’uso nel quale «constatata l’assoluta illegittimità dell’assise congressuale e la dispotica volontà di proseguire in un percorso palesemente illegittimo» apriva formalmente la strada, sbattendo metaforicamente la porta in faccia al garante e segnando il passo di un nuovo corso ostracista, all’avvio dei ricorsi.
Diffida, benché tumultuosa, che però non ha turbato il prosieguo degli interventi di Marco Policaro – che nelle sue linee programmatiche ha perorato la causa di una classe dirigente ed un PD forte e di governo a Polistena – Antonio Baglio, Antonella Giancotta, Andrea Sanò e Nicola Gargano tutti compattamente in appoggio alle tesi espresse dall’ex sindaco dimissionario che, esaurite le operazioni di voto, è stato proclamato (con il 57,14% dei consensi ottenuti dagli aventi diritto, secondo regolamento, presenti in loco, 28 su un totale di 49, nda) segretario cittadino del Partito Democratico ricevendo l’investitura ufficiale, dopo quasi 9 anni dal suo predecessore. Il neosegretario, dopo la “benedizione” di Romeo – che parlando di apertura di una nuova fase di «responsabilità, rinnovamento e rottura che meglio di te non poteva rappresentare nessuno» ha esortato a rifuggire le tentazioni di una politica ossessiva ed indirizzata ad una sola persona (rectius, Tripodi, nda) lanciando, al contempo, un accorato appello ai dissidenti a ritornare sui loro passi – ha quindi nominato il suo direttivo del quale faranno parte: Antonella Giancotta, Giusi Giordano, Andrea Sanò, Giuseppe Fusco (cl. ‘76) e Michele Trimboli.
Questo il primo commento a caldo di Policaro: «Il vero lavoro e la vera sfida iniziano adesso. Il mio unico obiettivo è quello di fare grande, con l’aiuto di tutti, questa sezione e questo partito».