GIOIA TAURO (9 settembre 2011) – Jonas Carpignano è il regista italo-americano del cortometraggio “A chjana” portato fino a al 68esimo festival di Venezia, e che ha vinto il premio come miglior corto, raccontando la rivolta dei migranti a Rosarno.
Persona di grande carisma e disponibilità, Jonas ha raccontato alla redazione di Inquietonotizie, le sue sensazioni riguardo la propria permanenza nella nostra terra.
«Ho sempre la seguito la situazione degli immigrati in Italia, mia madre è italo-africana e mio padre italiano. Cerco sempre storie che parlino di immigrazione, – ha spiegato – e quando ho visto e sentito il movimento legato ai fatti di Rosarno, ho subito deciso di venire giù, conoscere i ragazzi e iniziare il progetto».
Proveniente da una famiglia di cineasti, il giovane regista che vive la sua vita tra New York e Roma, ha come sentito l’esigenza di approfondire i disagi degli immigrati calabresi, dimostrando un coinvolgimento forse dettato dalla sua metà africana, una cultura probabilmente non così facilmente comprensibile.
Ed è così che l’anno scorso Carpignano ha deciso di venire in Calabria. «Per quattro mesi sono stato a stretto contatto con i ragazzi, è stata una sorta di ricerca prima di far partire il progetto. Poi sono partito, ho scritto la sceneggiatura e sei mesi dopo sono ritornato e abbiamo iniziato le tre settimane di preparazione.
In undici giorni abbiamo girato il corto, – ha aggiunto – ma ho avuto la possibilità di conoscere sia Gioia Tauro che Rosarno, dove ho trovato grande disponibilità e accoglienza. I ragazzi di Gioia, dove tra l’altro sono state girate molte scene, ci hanno aiutato a ricostruire la location della fabbrica ed erano sempre pronti a dare una mano d’aiuto».
Evidente poi il senso di gratitudine nelle parole rivolte nei confronti di Mamma Africa, «una persona stupenda e che ha anche avuto una parte nel film».
Forse con un po’ di modestia Jonas ci ha detto di non aspettarsi il successo che invece il corto ha avuto a Venezia.
«Mi sono svegliato una mattina e mi sembrava tutto un sogno. Adesso non vedo l’ora di tornare in Calabria e preparare il lungometraggio del corto. Quest’estate sono anche stato in Burkina Faso, il paese del protagonista del film, ho conosciuto la sua famiglia e ho iniziato a fare un po’ di sopralluoghi. Inoltre ho già cominciato a scrivere la sceneggiatura e spero sia pronta tra un mese».
Dal film, che nel giro di poco tempo si potrà guardare nelle sale cinematografiche italiane, tutti quanti avranno la possibilità forse anche di capire meglio, la rivolta che quasi due anni fa, ha diviso le opinioni pubbliche, e ha dato voce a chi fino a quel momento temeva di parlare.
Un plauso al regista sembra doveroso insomma, già solo per non aver fatto cadere nel dimenticatoio una situazione che forse avrebbe dovuto emergere già da molto tempo.
Eva Saltalamacchia