HomeLavoroFabbrica di auto: Lcv taglia Gioia Tauro dall'investimento

Fabbrica di auto: Lcv taglia Gioia Tauro dall’investimento

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“Lcv Capital Management ritratta gli impegni presi con il governo per la realizzazione di un investimento in Italia nel campo automobilistico. Con un colpo di scena la società, che opera nella gestione di capitali attraverso fondi di investimento attivi esclusivamente sul mercato americano, ha stravolto gran parte del piano industriale già annunciato che avrebbe creato nella sua prima versione un’occupazione a oltre 1.500 lavoratori”.

Così Salvatore Barone, responsabile delle Politiche industriali Cgil commenta l’incontro di ieri al ministero dello Sviluppo Economico, convocato per valutare, dopo quasi un anno di gestazione, il progetto per la produzione di un’autovettura ‘Made in Italy” rivolta al segmento C del mercato automobilistico europeo, da realizzarsi negli stabilimenti ex Isotta Fraschini a Gioia Tauro e ex OM di Modugno, in provincia di Bari.

“Un piano industriale – spiega Barone – per il quale era previsto un finanziamento da parte di Invitalia per oltre 63 milioni di euro tra contributi agevolati e a fondo perduto, e che avrebbe occupato a regime 888 lavoratori a Gioia Tauro e 636 a Modugno, in aggiunta ai 114 previsti per la Holding facente capo alla società Tua Autowork appositamente costituita”. “I lavoratori interessati al progetto originario vivono da anni una situazione drammatica, gran parte di loro sono stati già licenziati per la chiusura delle precedenti società e per 190 dipendenti della ex OM Modugno scadrà a giugno la mobilità in deroga. Una situazione – sottolinea il dirigente sindacale – che dovrebbe consigliare il Governo a mettere mano fin da subito innanzitutto alle tutele sociali che gli ultimi provvedimenti sugli ammortizzatori hanno così gravemente compromesso”.

“LCV – prosegue poi la Cgil – ha infatti comunicato, in modo del tutto inusitato, il taglio definitivo dell’investimento nello stabilimento di Gioia Tauro, giustificandolo con la necessità di contenere i costi che avrebbe comportato la doppia collocazione industriale. In alternativa nessun nuovo piano è stato presentato, ma solo generiche ipotesi di decentramento della produzione in altre aziende italiane. Il governo si è limitato a prendere atto dello stravolgimento del piano, non riconoscendo più di fatto i contenuti del Protocollo d’intesa che aveva sottoscritto il primo luglio 2015 proprio nella sede del Mise tra l’allora ministro Guidi, le Regioni Calabria e Puglia, i sindaci e le organizzazione sindacali”.

“Si è di fronte ad una situazione paradossale poiché a seguito degli impegni presi, i dipendenti dello stabilimento calabrese avevano intrapreso corsi di riqualificazione lavorativa e per i quali la Regione ha già speso oltre 2 milioni di euro”.

“Alla richiesta della Cgil di verificare l’attendibilità e la credibilità del progetto, la cui impostazione industriale risulta ora mutilata, si è risposto con la semplice indicazione di affidare a Invitalia il compito di esaminare una documentazione integrativa che LCV dovrebbe presentare per procedere al finanziamento dell’investimento nel solo stabilimento di Modugno. Una decisione che non solo ha lasciato attoniti Istituzioni e sindacati calabresi, ma che non risponde ad oggi neppure alla necessità di garantire per la realtà pugliese la credibilità e l’efficacia del residuo piano industriale, di cui non si conoscono più i reali contorni e che deve fare i conti con le criticità straordinarie del mercato dell’automobile, in particolare nel segmento C dove si registra una competizione all’ultima auto venduta tra i più grandi produttori europei e mondiali”.

Per questi motivi la Cgil chiede al Governo “un supplemento di valutazione sulle conseguenze del venir meno degli impegni di LCV. Occorre fare di tutto per evitare contrapposizioni tra aree del paese e lavoratori. Bisogna ricercare tutte le soluzioni per dare una prospettiva di lavoro per tutti bandendo ogni possibile guerra tra poveri. E’ quanto si aspettano i lavoratori di Gioia Tauro e Modugno e le comunità locali”, conclude Barone.

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