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Al “Manfroce” di Palmi l’omaggio a Caruso del pianista di fama internazionale Danilo Rea

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Dopo la recente esibizione che lo ha visto protagonista al fianco di Gino Paoli sul palco del Teatro Ariston durante l’ultima edizione del Festival di Sanremo, Danilo Rea, pianista di fama internazionale tra i più celebri del panorama musicale contemporaneo, arriva a Palmi per uno spettacolo unico dedicato al più grande tenore di tuti i tempi: Enrico Caruso.

Sabato 18 febbraio – alle 21:15 al Teatro Manfroce – imperdibile appuntamento con “Omaggio a Enrico Caruso” con Danilo Rea accompagnato dalla voce narrante di Barbara Bovoli, in programma per la rassegna Synergia 47 dell’Associazione Amici della Musica Manfroce APS.

Ricercatissimo in ambito pop e jazz, considerato uno dei migliori pianisti italiani, Danilo Rea, noto per la sua capacità di improvvisazione, nell’Omaggio a Caruso tesse un racconto inedito del tenore, raccontando attraverso la musica lo sconfinato panorama artistico e musicale di cui Caruso è stato grande protagonista.

Il jazz è la cifra stilistica di un itinerario sonoro che dalle arie celebri della grande Opera, arriva agli autori del Novecento, fa incursione nella canzone napoletana e nel repertorio cantautoriale italiano, senza tralasciare la citazione d’obbligo della canzone che Lucio Dalla dedico a Caruso e che, a distanza di circa 40 anni dalla sua composizione, continua a essere tra le canzoni italiane più famose al mondo.

In “Omaggio a Enrico Caruso”, per la regia di Alessandra Pizzi, Danilo Rea divide il palcoscenico con l’attrice Barbara Bovoli, voce narrante di un insolito racconto della vita del tenore, attraverso lo sguardo e le emozioni della donna che lo ha amato sino alla morte: la moglie americana Doroty Park.

I testi narrati da Barbara Bovoli sono tratti dal libro Canto D’Amore di Mary Di Michele.
Il risultato del connubio tra musica e narrazione offre uno spettacolo fortemente suggestivo e una chiave di lettura nuova dell’uomo che, più di ogni altro, ha rappresentato l’icona italiana nel mondo. Dal suo arrivo a New York, in quel tempio della musica che era il Metropolitan, sino al rientro a Sorrento, prima della sua morte.

«Una popstar ante litteram – ha detto Danilo Rea – nel modo in cui ha vissuto e attraversato il suo lavoro, tra produzioni discografiche, registrazioni e una vita senza troppe regole. Quando ha smesso di sentire da un orecchio, ha messo ancora più alla prova la sua voce, dunque un uomo che ha fatto della sofferenza la propria forza grazie alla coscienza del talento. Ha saputo essere personaggio, un grande comunicatore che ha unito mondi e appassionati cantando a modo suo, a volte a dispetto dei puristi, spaziando con eclettismo tra forme e linguaggi musicali».

Caruso risuona ancora con la sua smisurata personalità. La carriera, i trionfi, i palcoscenici, le ovazioni, il talento che sfida la modernità, non sono che un pretesto che lo spettacolo utilizza per tratteggiare il personaggio, la sua dimensione che travalica il tempo. L’arte di Caruso è conservata nelle incisioni di vecchi vinili, che girano ancora sui piatti dei grammofoni da collezione, eppure l’evoluzione della tecnologia non ha scalfito l’integrità dello scenario artistico di quelle opere senza tempo. Una grande eredità cui Danilo Rea attinge con tutta la sua anima jazz per rileggere in divenire il genio e il divo.

Sullo sfondo l’innovatore, celebrato e rappresentato in ogni forma possibile, un mito che ha saputo intercettare i prodromi della tecnologia per diffondere la sua arte ponendosi come “modello di riscatto sociale”.

« Il mondo della cultura – ha aggiunto Rea – a volte pone ostacoli al di fuori di certa ortodossia tradizionale, segnando un discrimine tra corretto e non corretto. Credo che all’epoca Caruso sia stato amato più dal pubblico e dai musicisti, che dalla stessa critica».

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