SEMINARA – Beni per nove milioni di euro sono stati sequestrati dalla Dia ai fratelli Michele, Giovanni e Maurizio Pellegrino, imprenditori, pregiudicati operanti nel settore del movimento della terra e ritenuti vicini alla cosca “Santaiti-Gioffre'”.
A circa due anni dall’avvio della procedura di prevenzione personale e patrimoniale richiesta dal Direttore della Dia, nei confronti dei fratelli Pellegrino, la Sezione per le Misure di Prevenzione del Tribunale di Imperia, ha anche applicato ai tre la sorveglianza speciale per la durata di cinque anni con obbligo di soggiorno.
Il patrimonio confiscato comprende terreni, fabbricati, autovetture, disponibilità finanziarie ed aziende operanti nel settore scavi e movimento terra. L’attività investigativa, svolta dal Centro Operativo di Genova, è durata durata oltre un anno ed ha riguardato l’intero gruppo familiare dei Pellegrino, composto da 20 persone e 4 compagini societarie ed ha permesso di ricostruire tutta la storia personale giudiziaria dei fratelli e le loro vicende imprenditoriali protrattesi per oltre vent’anni.
Dalla complessa attività investigativa preventiva è emerso che i Pellegrino, già noti alle forze di polizia per i loro curricula criminali di tutto rispetto (con denunce e condanne per reati che vanno dall’associazione finalizzata al traffico delle sostanze stupefacenti, al traffico di armi ed esplosivo, all’estorsione, al favoreggiamento dei latitanti, alla gestione di locali notturni adibiti allo sfruttamento della prostituzione e ad illeciti societari di varia natura), sono risultati inseriti nel contesto criminale operante nel Ponente ligure.
Le attività in particolare, hanno fatto emergere anche la loro contiguità con soggetti ritenuti affiliati alla ‘ndrangheta, facenti capo alla cosca Santaiti-Gioffrè di Seminara, per i quali, i fratelli Pellegrino, hanno rappresentato un solido riferimento logistico, attraverso l’assistenza a latitanti per reati di mafia. Inoltre, i Pellegrino hanno legami familiari con soggetti indagati nell’indagine “Maglio 3” ed esattamente Benito Pepe’ e Francesco Barillaro, ulteriore testimonianza del loro inserimento nel contesto mafioso dell’imperiese.
I Pellegrino avevano creato un articolato sistema di interposizione fittizia dei beni e dei proventi accumulati, attraverso soggetti che facevano parte del nucleo familiare, nonché società poste in liquidazione. In dettaglio la confisca di beni immobili riguarda 17 unita’ fra cui i ville, terreni e appartamenti di lusso, serre floricole, 25 fra autovetture ed autocarri aziendali, disponibilità bancarie, postali e titoli di credito, di quote e proprietà di 4 società, tra cui la fratelli Pellegrino s.r.l. e la Grotta del drago, rispettivamente la prima in grado di aggiudicarsi appalti e subappalti, anche nei lavori pubblici, e la seconda di gestire il famoso ed omonimo night club di Sanremo.