Nel mirino dell’ala oltranzista veteropiddina guidata da Renato Fida – appoggiato da un piccolo esercito di dissidenti con l’esclusione di Giovanni Laruffa, defilato per scelta – trovano, ancora una volta, la loro naturale collocazione Nicola Irto e Marco Policaro in merito alla vicenda, divenuta spinosa per via di un ricorso alla magistratura ordinaria, del congresso di circolo tenutosi agli inizi di aprile che ha sancito, di fatto, la spaccatura conclamata tra la vecchia e la nuova guardia del partito con la prima a contestare energicamente la “voglia” di rinnovamento dettata dall’evoluzione irtiana che ha ratificato il passaggio al nuovo corso proprio a guida Policaro. Una successione affatto indolore per l’ex sindaco bersagliato, senza soluzione di continuità, dall’ira funesta del vecchio establishment interno al PD polistenese e dagli attacchi concentrici degli ex compagni del PCI. In questo contesto è toccato all’avvocato Carlo Trimarchi – che ha parlato di Policaro come “segretario dai mesi contati” – fornire la spiegazione tecno-giuridica alla base del ricorso esteso con la collega Stefania Marcucci, promosso da Fida ed altri, partendo dall’inderogabilità dal regolamento-quadro nazionale del partito, richiamando “la mancata convocazione degli iscritti in maniera congrua”, il “mancato intervento degli organi di garanzia aditi” spingendosi a parlare di “micro colpo di stato interno, perché se ha votato solo 1/3 degli iscritti questa non è democrazia”. Valutazione inerente la competenza del giudice Coppola, nell’udienza ora fissata per il 22 settembre – salvo che, come vivamente auspicato dagli attori ricorrenti, “gli organi del partito non intendano intervenire prima…” – chiamato ad occuparsi di una bega dai contorni kafkiani per la quale, ha concluso il legale, “è cosa orribile se un giudice deve stabilire cosa deve intendersi per democrazia” in un partito politico “messo all’angolo dal suo stesso silenzio, prima che da un giudice”. Il cahier de doléances è ormai collaudato: Fida – che ha bollato Policaro come “segretario abusivo” prodromico di “una scelta non condivisa con gli iscritti storici” – ha addebitato al neosegretario cittadino la colpa di essersi prestato a presunte manovre interne “da ancora iscritto al PCI” per il perseguimento di non meglio acclarati interessi di terzi generando un corto circuito di “mancato rispetto delle regole e delle norme” e “mancanza di democrazia” per perseguire le quali “andrò fino in fondo” è stato lo strale del sindacalista che ha ribadito il disconoscimento dell’attuale segreteria e dirigenza di circolo. Posizione ricalcata da uno dei ricorrenti, Cesare Laruffa che ha evocato l’assalto alla diligenza “i cui passeggeri eravamo noi” (iscritti storici, nda) parlando di un atto preventivo e pianificato da “una cricca ignobile di maggiorenti e notabili del partito che ci ha riservato, in modo verticistico, questa polpetta avvelenata” del quale Policaro è stato rappresentato come il terminale strumentale. Oltre contestato neosegretario, sul banco degli imputati politici, anche il segretario regionale Irto, definito ironicamente da Laruffa “genio della politica e della democrazia” e la classe dirigente del partito, rea, a suo avviso, di non aver consentito la presentazione della lista alle ultime comunali.