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Storie d’amore d’altri tempi: l’Archivio di Stato di Reggio Calabria diffonde il contratto prematrimoniale di due giovani vissuti nel ‘700

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29 novembre del 1773: una giovane donna di nome Elisabetta si presenta dinanzi al notaio della città di Seminara Michelangelo Soriani, insieme al padre, Giuseppe Marra. La famiglia Marra, originaria di Sambatello, viveva a Seminara da diverso tempo.

Con loro si presentano dal notaio anche Antonio Borgese e il figlio Vincenzo, di Seminara anch’essi.

Elisabetta e i tre uomini erano lì per un solo motivo: contrarre matrimonio dinanzi al notaio.

A documentarlo è l’atto conservato nell’Archivio di Stato di Reggio Calabria – sezione di Palmi, che in occasione della giornata dedicata all’amore e agli innamorati è stato condiviso perché venisse conosciuto insieme alla storia di Elisabetta.

Per conoscere bene la vicenda, però, è necessario tornare indietro di qualche tempo e andare al 17 luglio del 1773.

In quel giorno Giuseppe Marra, padre di Elisabetta, si era presentato dinanzi allo stesso notaio Soriani, insieme alla moglie Giovanna Lombardo e con Antonino e Vincenzo Borgese; l’intenzione di tutti era di stipulare i capitoli matrimoniali fra Vincenzo ed Elisabetta, dichiarata, dal padre, vergine “in capillis”.

I capitoli matrimoniali, comuni fra i rogiti notarili, erano un accordo prematrimoniale consacrato in scritture, attraverso il quale venivano assegnate alle giovani spose e quote di patrimonio ad esse spettanti. La futura sposa non prendeva mai parte attiva nei capitoli, non presenziava neppure alla redazione del contratto e, in sua vece, vi erano sempre i genitori. Fu così anche per Elisabetta. Il futuro sposo al contrario era sempre presente, e solo se giovane, era accompagnato dal padre.

Poteva capitare poi che vi fossero delle circostanze che rendevano impossibile la celebrazione del matrimonio concordato, per cui entrambe le parti, di comune accordo, predisponevano lo scioglimento di tutti gli impegni assunti nei capitoli matrimoniali.

Fu proprio questo il caso di Vincenzo ed Elisabetta, la quale venuta a sapere quanto tre mesi prima avevano deciso e attuato i genitori in nome suo, rifiutò categoricamente gli accordi stipulati, costringendo i suoi genitori ad annullare i capitoli.

Con la dissoluzione del matrimonio, così come trascritto dal notaio, a Vincenzo era lecito contrarre matrimonio con altre persone e anche Elisabetta era “[…]nella sua libertà di contraere [matrimonio] con chi meglio li parerà, e piacerà […]”.

«Nulla di romantico, così come avrebbe richiesto la giornata che oggi si festeggia, San Valentino! – è scritto nei canali social dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria, dove è possibile consultare l’accordo sottoscritto dai genitori della sposa – Noi ci auguriamo che Elisabetta, nel caso in cui si sia sposata, lo abbia fatto nella piena libertà di scegliere “con chi meglio li parerà, e piacerà”, e con l’appoggio amorevole dei suoi genitori».

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