Una croce issata contro l’albero della libertà, tra proclami e saccheggi, nel cuore di un Sud che
brucia. A Palmi, lo storico Giuseppe Caridi riporta in luce l’impresa controversa del cardinale
Fabrizio Ruffo.
Sabato 28 giugno, l’Auditorium della Parrocchia Santa Famiglia di Palmi ha ospitato un
appuntamento di alto profilo culturale: la presentazione del volume Il cardinale Ruffo e la
straordinaria avventura del 1799 (Rubbettino), firmato dal professor Giuseppe Caridi. Moderato
dal docente Antonio Fonti, l’incontro è stato introdotto dal parroco Don Giuseppe Sofrà –
promotore di un progetto culturale che punta alla creazione di un circolo intellettuale all’interno
della parrocchia – e arricchito dal contributo del direttore dell’Archivio Diocesano, Don Letterio
Festa.
«Costruiamo questo momento che abbiamo pensato di organizzare insieme – ha detto Don
Sofrà – come incontro sociale e storico, radicato nel nostro territorio. La cultura è parte
importante della vita, e anche in un tempo complesso e frammentato come quello che stiamo
vivendo, è fondamentale fare qualcosa. Stiamo cercando di costruire un’esperienza, passo
dopo passo, che arricchisca la nostra comunità». Il parroco ha anche espresso con chiarezza il
desiderio di fare della Parrocchia Santa Famiglia un centro di cultura, di incontro e di pensiero
condiviso, aperto a tutti e orientato alla crescita del territorio.
A fargli eco, le parole accorate di Don Letterio Festa: «Siamo consapevoli del valore di ciò che
stiamo facendo: presentare il libro del professor Caridi, che è parte della “rivoluzione del
sapere” in Calabria. Stiamo cercando di portare un po’ della nostra pianta ovunque. Il
professore Caridi è conosciutissimo, ma deve essere letto sempre di più. In questo volume
dedicato al cardinale Ruffo ci restituisce uno dei protagonisti chiave della nostra storia, con una
parabola biografica ricca di riconoscimenti e oblii, come spesso accade nella vita di molti».
Durante l’incontro, Antonio Fonti ha sottolineato un aspetto centrale del libro: «È importante
capire che all’interno di questa opera, come in tutto il contesto storico che analizza, non ci sono
solo le radici, ma tutte le particolarità di una cultura che si è consolidata nei secoli. Questo
spiega l’eterogeneità del popolo meridionale, già dai tempi dei Normanni, passando per gli
Aragonesi e gli Spagnoli. Anche i Francesi hanno cercato di imporre la loro impronta, ma il
tentativo ha avuto effetti ribaltati nella fase successiva, quando il napoleonismo era ormai
inarrestabile. Tuttavia, il professore ci invita a leggere con equilibrio anche la figura dei sovrani
borbonici, spesso liquidati come ‘re fannulloni’. In alcune lettere, Ruffo chiede al re di mettersi a
capo dell’armata cristiana, convinto che con un sovrano in testa sarebbe stato più semplice
avanzare: segno di una fiducia che merita di essere riletta con attenzione».
Storico di fama, già ordinario di Storia Moderna all’Università di Messina, Caridi è oggi
presidente della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e direttore della Rivista Storica
Calabrese. Nonostante l’autorevolezza accademica, continua a insegnare con passione anche
nelle scuole superiori linguistiche di Reggio Calabria. Tra i suoi tanti volumi ricordiamo quelli
dedicati a Alfonso il Magnanimo, Ferrante d’Aragona, Carlo di Borbone e Francesco di Paola,
oltre al suggestivo Processo di Laura nel Seicento. E un nuovo lavoro è già in preparazione: la
storia di un centro calabrese tra fine Seicento e Settecento, in uscita nei prossimi mesi.
Nel suo nuovo libro, Caridi racconta con rigore e passione l’impresa del cardinale Ruffo, nato
nel 1744 a Valsanvito, figura destinata alla carriera ecclesiastica fin da bambino e cresciuto
nell’élite culturale del Collegio Clementino di Roma. Divenuto tesoriere generale dello Stato
Pontificio, rimosso per le sue riforme illuministe, fu poi nominato cardinale e incaricato dai
Borbone di guidare la riconquista del regno, minacciato dalla Repubblica Napoletana sostenuta
dai francesi.
Tre le condizioni che pose per partire dalla Sicilia: pieni poteri, munizioni e fondi. Nulla gli fu
dato davvero. Eppure sbarcò a Punta Pezzo con pochi accompagnatori. Inviò proclami,
raccolse contadini e volontari attorno allo stendardo della croce, dando vita alla “Spedizione di
Santa Fede”. Palmi fu uno dei primi centri coinvolti: da qui partì il suo primo programma rivolto
ai calabresi.
Tutto si svolse in equilibrio instabile tra zelo religioso, lealtà monarchica e brutalità popolare.
Alcune città si arresero, altre – come Catanzaro, Crotone e Taranto – furono messe a ferro e
fuoco. Napoli capitolò, ma la resa negoziata da Ruffo con i giacobini fu tradita dal re e da
Nelson. I patrioti vennero catturati e giustiziati, e il cardinale – profondamente amareggiato –
abbandonò la scena per partecipare al conclave a Venezia.
«Ciò nonostante – ha affermato Caridi – la sua figura e la sua azione risultano nettamente
superiori a quella dei sovrani borbonici, che lo hanno solo strumentalizzato. È vano, perciò,
operare distinzioni nette tra eroi e carnefici. Ruffo è un uomo storico, immerso nel suo tempo. Io
tengo conto di tutto questo e alla fine del libro, nell’ultima pagina, offro il mio giudizio».
Un giudizio che nasce da studio, distanza critica, passione civile. E che conferma ancora una
volta come la storia del Mezzogiorno sia affare vivo, attuale, necessario.