PALMI – In un’aula bunker gremita, ha preso il via ieri a Palmi il maxi processo scaturito da un’imponente operazione della Squadra Mobile di Reggio Calabria e dagli agenti del Commissariato di Polizia di Palmi, condotta nel 2010, nella quale sono finite le potenti famiglie Gallico-Morgante-Scigliatano-Sgro, operanti nel territorio di Palmi, e le famiglie Bruzzise-Parrello, che si muovono nel territorio di Seminara.
“Cosa mia”, questo il nome dell’operazione, ha portato all’arresto di ben 52 soggetti, a cui la Pubblica accusa, rappresentata dai Sostituti della Dda di Reggio Calabria Di Palma e Musarò, contesta a vario titolo l’associazione a delinquere di stampo mafioso, finalizzata alla commissione di omicidi, estorsioni, intimidazioni e altri gravi reati consumati in prevalenza nell’area interessata ai lavori di ammodernamento dell’Autostrada Salerno-Reggio-Calabria.
La Corte d’Assise del Tribunale di Palmi, presieduta da Silvia Capone con a latere Crea e Spedale, ha aperto ieri il processo, che non è però decollato per via di una lunghissima interruzione dovuta ad una serie di eccezioni sollevate dai collegi difensivi degli imputati.
Quattro le questioni rilevate, di cui solo una realmente importante, ed è l’invito che l’avvocato Francesco Cardona ha rivolto alla Capone, a cui ha chiesto di abbandonare per incompatibilità la presidenza della Corte, avendo svolto, in fase di indagine preliminare, l’interrogatorio di garanzia al suo assistito.
Oltre cinque ore di sospensione, per permettere ai giudici di decidere sulle questioni sollevate dalle difese, non hanno portato ad alcun esito, e intorno alle 21 la Corte ha annunciato il rinvio dell’udienza a sabato prossimo.
Viviana Minasi