GIOIA TAURO – Prediligevano stufe a pellet, vini pregiati, macchine pulisci-spiaggia, marmi, tubi per l’irrigazione ed anche i famosi “Bimby”, le macchine per cucinare tanto amate dalle casalinghe. Tutto materiale acquistato con contratti di fidejussione rigorosamente falsi.
Una vera e propria organizzazione criminale, che ha seminato vittime nel nord Italia e che aveva base operativa in Calabria, tra Gioia tauro e Taurianova. I carabinieri e la guardia di finanza del comando provinciale di Reggio Calabria hanno però posto fine all’attività di truffa, arrestando le otto persone facenti parte dell’organizzazione criminale, accertando una truffa di circa un milione di euro.
Le persone finite in manette sono Giuseppe Bono, Michele e Rocco Caccamo, Francesco Cosoleto, Pasquale Labate, Pino Priolo, Antonio Russo e Andrea Torre, tutte persone di Gioia Tauro e Taurianova, alcune già note alle forze di polizia perché finite in altre operazioni simili.
L’attività investigativa è stata condotta dai militari dell’Arma e dalla fiamme gialle di Gioia Tauro, coordinati dal sostituto procuratore di Palmi Gianluca Gelso, ed è durata appena otto mesi, nel corso dei quali sono state raccolte diverse prove a supporto della tesi accusatoria.
“L’organizzazione sgominata oggi si muoveva nel campo degli acquisti in maniera estremamente professionale – ha spiegato in conferenza stampa il procuratore capo Giuseppe Creazzo – destabilizzando il mercato onesto e tutti quegli imprenditori che pagano regolarmente le tasse”.
L’indagine è iniziata nel luglio del 2012; i rapporti stretti tra le forze di polizia operanti e la procura hanno permesso di accertare da subito alcuni reati, riuscendo anche a denunciare ed arrestare in flagranza di reato tre persone, due delle quali finite oggi in manette.
“La truffa si aggira intorno al milione di euro – ha spiegato il comandante provinciale della guardia di finanza Petrozziello – Di questa somma circa la metà siamo riusciti a restituirla alle aziende truffate. La cosa interessante da evidenziare è proprio l’organizzazione delle persone oggi arrestate. I contratti di fidejussione erano tutti falsi, prodotti e stampati in proprio con una perfezione tale da ingannare i venditori. Sui contratti era riportato anche il numero di telefono dell’istituto di credito di riferimento, ovviamente un numero al quale rispondeva a turno uno dei membri dell’organizzazione, che rassicurava il venditore fornendo le garanzie opportune”.
Nove le aziende truffate, quasi tutte venete, toscane e friulano; sequestrato un conto corrente acceso al Monte dei Paschi di Siena, a Gioia Tauro e 4 società riconducibili all’organizzazione.
“Il materiale acquistato – ha spiegato il comandante della guardia di finanza di Gioia tauro, Caruso – veniva portato in alcunu capannoni che si trovano nell’area industriale a Gioia tauro, molto vasto. Lì veniva custodito in attesa di essere rivenduto, ovviamente in nero e a prezzi di mercato molto ridotti”.
Dejà-vu il nome dell’operazione interforze, perché ricorda molti altri meccanismo simili a questo scoperti negli anni nella Piana di Gioia Tauro.
Viviana Minasi