Dopo ben 13 anni dall’inizio della sua vicenda con l’accusa di essere “il consigliere” della cosca mafiosa Gallico di Palmi, il 24 ottobre 2024 la corte di appello di Reggio Calabria – I sezione penale – ha assolto con la più ampia delle formule “perché il fatto non sussiste” Vincenzo Minasi, professionista da anni residente a Como.
La sua vicenda divenne subito drammatica dato che lo stesso giorno dell’arresto del Minasi, in Svizzera si uccise l’avvocato Daniele Borelli di Lugano che era stato indicato come complice dello stesso Minasi senza neanche un barlume di prove concrete.
Quanto ai tempi, la storia ha dell’incredibile: sono decorsi ben 13 anni dall’arresto, e 17 dai fatti contestati, per far luce su di una vicenda tutt’altro che complicata.
Ricordiamo, ad esempio, come dall’annullamento della condanna di I grado disposto dalla V sezione penale della Cassazione datato 18 luglio 2018 ci sono voluti ben 6 anni per fissare e celebrare il giudizio di rinvio che si è concluso, come si diceva, con l’assoluzione piena.
I fatti traevano origine dalla creazione di una società estera, la “Zenas”, che aveva acquistato dei terreni a Palmi.
Secondo l’accusa questo acquisto era stato studiato dalla associazione mafiosa Gallico per evitare il sequestro dei beni e la conseguente perdita di alcuni ettari di uliveto di gran pregio.
Questi ultimi, anche per il loro ingente valore, stimato in circa 2 milioni di euro, erano riconducibili di certo – e secondo l’accusa – all’associazione mafiosa dei Gallico, e come tali quindi, da mettere al sicuro. Il ruolo che si contestava all’Avvocato Minasi era quello di aver ideato l’acquisto tramite la società americana e conl’ausilio del notaio svizzero Borelli.
Da questo fatto l’accusa contestava all’Avvocato Minasi di essere l’artefice dell’aiuto ai Gallico intesi come associazione e non come singoli soggetti nella interposizione fittizi, e anche di essere un concorrente esterno della stessa associazione.
In realtà, le indagini e i vari processi avevano dimostrato come i beni fossero dei fratelli Gallico intesi come persona singola e non già come associazione; che i fratelli Gallico avevano ereditato i terreni dal loro padre e ancora che il valore dei terreni era di gran lunga inferiore a quello sostenuto dall’accusa che li aveva stimati 10 volte più del loro effettivo valore.
Nonostante tutto ciò il tribunale di Palmi nel lontano 2015 aveva condannato il Minasi a ben 10 anni mentre prima i giudici della Cassazione e adesso la Corte di Appello di Reggio Calabria hanno invece dimostrato ed accertato come non ci fu, in capo al professionista, alcuna intenzione di aiutare l’associazione mafiosa.
Del resto l’Avvocato Minasi, difeso in modo esemplare dall’Avocato Francesco Petrelli del foro di Roma e presidente della Unione delle Camere Penali Italiane, ha potuto dimostrare con prove documentali e dati di fatto certi ed obbiettivi il suo essere lontanissimo dall’associazione mafiosa.
La recente pronuncia dalla Corte di Reggio comunque è molto interessante sotto il profilo del concorso esterno in associazione mafiosa e anche sul ruolo che l’avvocato difensore assume nei processi di criminalità, dove troppo spesso il suo ruolo viene bollato come connivenza.
Ciò che conta, afferma la Corte di Cassazione e oggi la Corte di Appello di Reggio Calabria, è la necessita di sondare l’elemento psicologico del reo a cui si contesta il concorso esterno e stabilire con dati certi l’effettiva volontà dello stesso di voler aiutare concretamente un associazione mafiosa. Senza prova di ciò, l’assoluzione e d’obbligo.
L’Avvocato Vincenzo Minasi ha dimostrato – e i giudici lo hanno confermato – mai ha inteso aiutare l’associazione mafiosa Gallico, avendo svolto il ruolo da professionista lontano da ogni connivenza.
Il rammarico del professionista è sapere che per dimostrare la sua innocenza sono occorsi ben 13 anni.