ROSARNO – L’Auditorium comunale di Rosarno, nella mattinata di ieri, ha ospitato il Procuratore di Palmi, dott. Giuseppe Creazzo, nell’ambito della giornata conclusiva della II sessione del Premio “Valarioti”, dal titolo “Il lavoro dei magistrati – La demitizzazione dell’agire mafioso”. Alla conferenza hanno partecipato gli studenti degli Istituti “Piria”, e “Scopelliti-Green” di Rosarno oltre ad una folta delegazione del “Severi” di Gioia Tauro, dell’“Einaudi” e della “Guerrisi” di Palmi.
Ad avviare i lavori ci hanno pensato l’assessore alla P.I. Michele Brilli, organizzatore e moderatore dell’evento, il sindaco Elisabetta Tripodi, che, dopo i saluti di rito, ha spiegato ai giovani presenti in sala, il senso di questo Premio, dal forte contenuto morale e pedagogico.
La parola è poi passata a Mariarosaria Russo, dirigente dell’Istituto “R. Piria”, che ne ha approfittato per annunciare l’iniziativa congiunta della sua scuola, del Ministero dell’Istruzione, della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, riguardo alla presentazione di una proposta legge che consideri reato di “apologia della mafia”, la pubblicazione, via web, di filmati, canzoni, blog e spazi che pubblicizzino eventi o riti mafiosi.
È toccato al dirigente della “Scopelliti-Green”, Vincenzo Muratore, tratteggiare la figura umana di Peppe Valarioti e l’impegno culturale che il giovane dirigente del Pci cercò di mettere a disposizione della sua cittadina, prima che la sua vita venisse barbaramente stroncata. Il direttore del Museo della ‘ndrangheta di Reggio Calabria, Claudio La Camera ha illustrato invece le “immagini del potere mafioso”, ovvero: canti, rituali e simbologia dell’organizzazione della ‘ndrangheta reggina.
Il fenomeno mafioso è stato infine spiegato dal dott. Creazzo: «la mafia rappresenta il più grande freno allo sviluppo della nostra amata terra – sono state le prime parole del Procuratore – ma sappiate che la ‘ndrangheta vive su un fondamento di false verità da cui trarre consenso, sta a noi non lasciarci ammaliare dai suoi finti miti». I valori dell’onore, tanto palesati dagli ‘ndranghetisti «sono fasulli, i picciotti semplici sono e resteranno sempre dei morti di fame, e vivranno un’esistenza di miseria, sottomissione ed angoscia costante». Quanto al ruolo delle donne: «esse sono nient’altro che un oggetto da sottomettere a proprio piacimento».
Creazzo ha infine invitato la società civile a prendere atto che il mito l’invincibilità della ‘ndrangheta si basa su una grande menzogna, «l’azione sinergica delle forze dell’ordine e della magistratura, che negli ultimi anni hanno letteralmente smantellato le potenti cosche di Reggio e provincia, ne è un lampante esempio». La mafia, sono state le ultime parole del magistrato, «può essere sconfitta soltanto se la società deciderà realmente di liberarsene attraverso un’azione sinergica che sappia includere famiglie, scuola e Chiesa».
Alla fine dei lavori, ampio spazio è stato dato agli studenti, che hanno avuto la possibilità di porre, al dott. Creazzo, delle interessanti, quanto attuali, domande sul ruolo dello Stato nella lotta alla ‘ndrangheta.
Francesco Comandè