HomeAltre NotizieTendopoli di San Ferdinando: ennesimo simbolo dell'indifferenza istituzionale

Tendopoli di San Ferdinando: ennesimo simbolo dell’indifferenza istituzionale

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SAN FERDINANDO – A 3 anni dalla famosa “Rivolta di Rosarno”, ecco ripetersi l’emergenza immigrati, giunti nel circondario rosarnese per la raccolta dei pregiati agrumi, un tempo considerati l’oro giallo calabro, ed oggi deprezzati e lasciati a marcire sugli alberi.

Sono in migliaia a dividersi tra le campagne dell’entroterra, il campo container di contrada “Testa dell’Acqua” e la tendopoli di San Ferdinando, divenuta il nuovo simbolo della vergogna.

Partito con una capienza di 250 posti, adibiti appositamente per l’accoglienza dei lavoratori stagionali, questo centro d’accettazione temporaneo, oltre ad essere diventato permanente, ha attirato oltre 800 persone, che hanno costruito un campo abusivo adiacente, fatto di cartoni, plastica di risulta, cellophane e, nel peggiore dei casi, eternit (usato persino per accendere il fuoco e riscaldarsi). Una baraccopoli sorta nel cuore dell’area industriale del Porto, sotto gli occhi di tutti.

A nulla sono serviti i proclami dei primi cittadini direttamente interessati alle sorti dei migranti: Elisabetta Tripodi (sindaco di Rosarno) e Domenico Madafferi (sindaco di San Ferdinando che si è visto inoltre costretto ad eseguire un’ordinanza di sgombero della tendopoli/baraccopoli).

Gli unici a venire incontro alle sofferenze patite da questo territorio sono stati (oltre alle associazioni di volontariato, prima tra tutte “Il mio amico Jonathan” che, nonostante la penuria di fondi, ha continuato a gestire gli unici 2 campi d’accoglienza sorti dopo gennaio 2010) la Diocesi di Oppido/Palmi che, dopo varie visite di monsignor Francesco Milito (accompagnato da don Pino De Masi), ha deciso di donare 10 mila euro al campo, in attesa che «le istituzioni competenti, regione Calabria in primis, rispondano all’esortazione dei sindaci lasciati soli», la Caritas, che ha stanziato 30 mila euro ed alcuni sindaci pianigiani, che hanno rinunciato alla loro indennità del mese di dicembre per venire incontro agli immigrati di San Ferdinando.

Gli africani, arrivati in autunno e pronti a ripartire in primavera, intanto continuano a lavorare (a giorni alterni) nella raccolta degli agrumi, facendo i conti con gli immigrati provenienti dai paesi dell’est Europa, prevalentemente bulgari e rumeni (quindi comunitari) che vivono nelle case del centro storico delle due cittadine dell’area portuale (Rosarno e San Ferdinando) e che, a differenza dei “colleghi” africani, prediligono l’emigrazione familiare dalle loro terre d’origine, riuscendo ad integrarsi meglio all’interno dei territori in cui arrivano.

Nel pieno della stagione si lavora 5 giorni a settimana. Le paghe si aggirano tra 25 e 30 euro al giorno, visto che da circa due anni si è passati al cottimo, che aumenta la produttività: 1 euro a cassetta per le clementine e 0,50 per le arance. Si lavora 8 ore al giorno (dalle 8 alle 12 e dalle 13 alle 17) e nei giorni di pioggia si rimane in tenda.

Nel tardo pomeriggio basta fare un giro in macchina per vedere i ragazzi africani girovagare in bici per le strade della Piana, o fare la fila alle casse dei supermarket o, ancora, attendere il proprio turno presso le agenzie di “trasferimento denaro” o nei centri telefonici della zona.

Sul fronte dell’accoglienza tutto sembra essersi fermato nell’ultimo anno, non rimane che attendere gli esiti delle prossime elezioni nazionali, cercando di capire in che modo si intenderà procedere per tamponare una crisi che attanaglia il circondario pianigiano da oltre 20 anni (con tanto di passerelle mediatiche di tutto rispetto).

Francesco Comandè

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