“Sul palcoscenico si può fingere e recitare, nella vita no”. E’ il vescovo della Diocesi di Oppido-Palmi, Francesco Milito, a pronunciare queste parole al termine della messa in scena di un’opera teatrale tra le più simpatiche di Eduardo Scarpetta, “Na Santarella”.
Lo dice al cast che ha recitato, attori non di professione ma per passione, per diletto, per scelta e in fondo anche per necessità. Necessità di vedersi nuovi e diversi, di scoprire sensibilità e capacità personali. Di rivivere.
A recitare, infatti, sono stati alcuni detenuti nella Casa circondariale di Palmi, che grazie alla sensibilità del direttore della struttura Romolo Pani ed alla dedizione dei volontari del centro “Presenza” di Palmi, hanno messo in pedi uno spettacolo teatrale di tutto rispetto, mostrando impegno e passione, dedizione ed attenzione.
Diretti dal regista Mauro Del Sordo, con la collaborazione di alcuni volontari del centro “Presenza”, gli ospiti del carcere di Palmi (così il vescovo ha preferito chiamarli) hanno vissuto un’esperienza unica, l’esperienza del gruppo teatrale, che ha permesso loro di sperimentare ruoli differenti da quelli detenzione, basati sullo scambio e sulla condivisione.
L’esperienza teatrale in carcere, curata dai volontari del dentro “Presenza”, da diversi anni permette ai detenuti di intraprendere percorsi di rieducazione e di valorizzazione delle proprie abilità, magari da spendere all’esterno una volta scontata la pena detentiva.
Erano presenti alla rappresentazione in carcere il direttore della struttura Romolo Pani, il sindaco di Palmi Giovanni Barone, la dirigente dell’area cultura del comune di Palmi Mariarosa Garipoli, il vescovo della Diocesi di Oppido-Palmi Francesco Milito, il presidente del Tribunale di Palmi Concettina Epifanio.
Il cast dei volontari che hanno seguito il progetto e recitato insieme ai detenuti, era composto da Sabrina Esposito, Flavia Tedesco, Laura Romeo, Stefania Montebianco, Priscilla Ielati.
Tanta l’emozione del pubblico, soprattutto dei familiari degli attori, che hanno potuto apprezzare bravura e la dedizione dei loro cari, dai quali si trovano costretti a vivere lontani.