HomeCronacaClan Gallico, 8 arresti: ottenevano illecitamente contributi agricoli regionali

Clan Gallico, 8 arresti: ottenevano illecitamente contributi agricoli regionali

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Ci sarebbe la mano della ‘ndrangheta sui “Fondi Europei agricoli di garanzia e sviluppo rurale”, una mano che, secondo l’ultima inchiesta condotta dalla Dda reggina, avrebbe frodato centinaia di migliaia di euro, finiti nelle tasche di esponenti della cosca Gallico di Palmi.

Otto persone, questa mattina, sono state arrestate per truffa aggravata, nell’ambito dell’operazione denominata “Celere”, coordinata dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria Gaetano Paci e dal sostituto Diego Capece Minutolo.

Tra gli arrestati ci sono il boss Carmelo Gallico,Teresa Gallico, Demetrio Giuseppe Gangemi e Domenico Laganà; sono finiti ai domiciliari Demetrio Cambareri, Elvira Pierina Curatola e Maria Curatola, mentre è stato disposto l’obbligo di presentazione per Caterina Cicciù.

Gli otto arrestati sono, per gli inquirenti, parte delle cosche Gallico di Palmi, Alvaro di Sinopoli, aganà-Caia di Seminara e Lo Giudice di Reggio.

L’inchiesta della Procura reggina ha visto coinvolti anche funzionari pubblici, accusati di associazione a delinquere che avrebbero favorito l’operato delle persone arrestate. Sarebbe stato proprio grazie ai funzionari pubblici che gli indagati avrebbero beneficiato di contributi pubblici erogati dall’Arcea, l’Agenzia Regionale Calabria per le Erogazioni in Agricoltura.

Secondo quanto emerso dalle indagini, Teresa Gallico sarebbe riuscita a percepire contributi come imprenditrice agricola in attività, pur essendo in carcere da diversi anni, dopo essere finita nell’inchiesta “Cosa Mia” che nel 2010 ha smantellato la cosca Gallico, con l’accusa di associazione mafiosa.

Ma le indagini hanno dimostrato che la donna, che risulta titolare di un’impresa individuale inattiva dopo l’arresto, avrebbe percepito ininterrottamente ben 59 mila euro, somme in parte utilizzate per pagare le spese legali dei detenuti della cosca.

I Carabinieri, al termine delle indagini, sono riusciti a dimostrare come gli operatori della Copagri 102, azienda riconducibile alla Conasco, oggi sottoposta alla misura dell’interdizione dell’esercizio dell’attività di assistenza agricola, erano a conoscenza dello status di detenuti dei beneficiari, ma trasmettevano ugualmente all’Acea le istanze di pagamento richieste.

In totale i carabinieri hanno scoperto che i contributi nn dovuti, pagati agli indagati, si aggirano intorno ai 400mila euro.

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